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Anche a Milano si alza il rumore contro il genocidio

Domenica 27 luglio, ore 22. L’appuntamento è partito da Tomaso Montanari e da quel gruppo di intellettuali che da tempo promuove iniziative per scuotere delle istituzioni sorde a qualsiasi appello, cieche di fronte al genocidio che si perpetra dall’altra parte del Mediterraneo.

Molte le piazze che vengono “lanciate”: a Milano sembra inizialmente che tutto si svolgerà in piazza Prealpi, a nord della città. Invece nelle ultime ore si propongono piazza Duomo, zona Dergano, piazza 24 Maggio. Anche qualche condominio riesce ad organizzarsi e manderà le sue immagini, preziose. Qualcuno è perplesso per la possibile dispersione delle energie, altri sperano che distribuirsi in varie zone possa facilitare la partecipazione. Alla fine l’impressione è che la “scommessa” su più piazze abbia funzionato meglio.

Vado in piazza 24 Maggio, zona sud: Darsena, Navigli. Arrivando si sente già il gran rumore e si vedono le bandiere. E’ iniziato tutto in anticipo, un segnale importante: forse le persone non vedevano l’ora di iniziare, in fondo siamo anche noi in una pentola a pressione. Far rumore, battere pentole, coperchi, suonare trombe, trombette, campane, permette di rompere non solo il silenzio agghiacciante al quale assistiamo appena usciamo dai “nostri circuiti”, ma rompe anche quello strato di angoscia, il senso di impotenza, la rabbia che ci attanaglia da 20 mesi.

Così il rumore cresce e cresce, almeno 80 persone si raccolgono nella piazza, e quando escono da una borsa delle enormi lettere per comporre la scritta FREE GAZA qualcuno con un megafono propone di andare in giro per la zona, liberamente, a farsi sentire. Si parte subito, senza un itinerario, ci si muove dove si vede il terreno migliore per farsi sentire da più persone possibili. Con noi anche un paio di famiglie di Gaza, arrivate a Milano per curare i propri figli all’ospedale di Niguarda. Ci muoviamo in giro per la Darsena e in Navigli per oltre un’ora: rumore, slogan e parole al megafono per spiegare il motivo per cui siamo lì. Molti camerieri, avventori dei locali, passanti, danno segni di approvazione, ringraziano. Il gruppo continua, non perde né forza, né fiato fino alla fine. Siamo soddisfatti, anche se non era affatto scontato, tanto che c’è chi pensa di ripetere l’iniziativa, magari un venerdì o un sabato sera, quando la movida milanese in quella zona è assai maggiore.

Queste sono iniziative che danno la soddisfazione di “aver fatto qualcosa”, ma d’altro canto vi è anche la consapevolezza che sono come gocce per un assetato. Però danno la forza, soprattutto a noi, di andare avanti, e si spera che facciano sentire la popolazione palestinese meno sola. Sentiamo sempre più lontane le nostre istituzioni, cieche e sorde di fronte agli appelli e alle immagini che ci scorrono davanti. Alla fine cerchiamo di contattare chi si trovava in Duomo e nelle altre piazze: ovunque l’iniziativa è riuscita e la mattina seguente arrivano video da città, paesi, da lontani luoghi di villeggiatura.

Andiamo avanti.

Procede pure quotidianamente l’azione di un gruppo di cittadini e cittadine milanesi che da 43 giorni, ininterrottamente, si ritrova in piazza Duomo dalle 18.30 alle 19.30: una lunga fila di persone, distanziate e in silenzio, che espone versi poetici per la Palestina e bandiere di quel popolo. Un popolo che resiste e per la cui sopravvivenza dobbiamo continuare a chiedere, sempre più numerosi. E’ quello che sta accadendo in Duomo: al primo gruppetto sparuto altri si sono uniti, e a quell’unica fila altre si sono aggiunte, le persone si fermano, si fanno fotografare con i cartelli in mano, sorridono, approvano, applaudono.

Utile? Inutile? Mi ricordo di questa vecchia storiella africana…

Un grande incendio divampa nella foresta e tutti gli animali scappano terrorizzati, cercando rifugio vicino al fiume. Un minuscolo colibrì, nonostante le sue dimensioni, vola verso il fuoco con gocce d’acqua nel becco, ripetendo: “Sto facendo la mia parte”. Il leone inizialmente deride il colibrì. Si chiede come possa lui, così piccolo, riuscire a spegnere un incendio così vasto, e anche gli altri animali lo prendono in giro. Tuttavia, la determinazione del colibrì contagia altri animali, tra cui un elefantino e un giovane pellicano, che iniziano ad aiutarlo a spegnere il fuoco. Vedendo questo sforzo collettivo, anche gli animali adulti, compreso il leone, si vergognano e si uniscono allo sforzo, riuscendo infine a domare l’incendio.

 

Rumore in piazza Duomo – Foto di Marina De Lorenzo e Idanna Matteotti

 

Andrea De Lotto

Fonte
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