Quella tra il 9 e il 10 settembre è stata una lunga notte, la più lunga della storia recente della Polonia. A partire dalle 23,30 fino alle 6,47 lo spazio aereo polacco è stato violato almeno 19 volte da uno sciame di droni provenienti in gran parte dalla Bielorussia.
Il sistema di difesa aerea si è subito attivato e per la prima volta gli aerei della NATO sono intervenuti per neutralizzare la minaccia. Aerei polacchi, olandesi e un ricognitore italiano hanno partecipato all’operazione di abbattimento dei velivoli senza pilota provenienti in gran parte dallo spazio aereo bielorusso.
Si è trattato di un successo parziale, se si considera che almeno tre droni sono riusciti a penetrare in profondità nella parte centrale del paese. Due sono caduti, o sono stati abbattuti, questo non è ancora chiaro, nel voivodato di Łódź. Uno è precipitato vicino a Elbląg sulla costa baltica.
Il resto è stato neutralizzato in una fascia tra i 30 e i 40 km dal confine. Nel comune di Wyryki è avvenuto uno degli incidenti più gravi. I resti di un drone sono caduti su un edificio residenziale, distruggendone il tetto. Solo per una casualità non è morto nessuno. Il padrone di casa, un pensionato, si trovava al piano terra.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Il giorno più lungo
La notte è stata lunga, ma il giorno se possibile ancora di più. La responsabilità di quanto accaduto è stata attribuita da subito alla Federazione Russa che nelle stesse ore stava effettuando un massiccio attacco su tutto il territorio ucraino con 415 droni Shahed, la stessa famiglia di quelli ritrovati in Polonia.
I primi detriti raccolti hanno confermato che si trattava di droni Gerbera in dotazione all’esercito russo. I Gerbera sono considerati la versione più economica e semplificata degli Shahed 136, conosciuti in Russia come Geran -2. Sono progettati per missioni kamikaze, ricognizione e trasmissione di segnali, al fine di estendere, tra le altre cose, il raggio operativo di altri droni. Non si tratta dunque di macchine all’avanguardia, ma sono utili per saggiare le capacità di reazione delle difese NATO.
Già in mattinata, dopo una riunione di governo straordinaria, il primo ministro Tusk ha parlato di atto di aggressione, e insieme al neo presidente Karol Nawrocki ha invocato l’attivazione dell’articolo 4 della NATO che prevede consultazioni tra gli alleati. La richiesta è stata poi formalizzata nel primo pomeriggio. Varsavia chiede che l’Alleanza dia un segnale forte di presenza e di unità a fronte di un fatto completamente inedito e inquietante. Per i paesi più esposti a un’eventuale espansione del conflitto la garanzia di protezione è fondamentale.
La richiesta è stata accolta nel pomeriggio e per dare l’idea del grado di eccezionalità, bisogna considerare che dalla fondazione dell’Alleanza Atlantica (1949) ad oggi l’articolo 4 era stato usato solo sette volte.
Le reazioni occidentali e quelle russe
Dagli alleati occidentali sono arrivate unanimi dichiarazioni di solidarietà. Ursula von der Leyen ha promesso investimenti per proteggere il fianco orientale. In Italia il presidente Mattarella ha parlato di “crinale dal quale si può scivolare in un baratro di violenza incontrollato" ravvisando analogie con il 1914. Dichiarazioni solidali sono arrivate persino da Viktor Orbán (accolte con poco calore da Varsavia, a dire il vero).
La voce più attesa, quella di Donald Trump, ha invece taciuto fino al tardo pomeriggio. Il presidente statunitense ha affidato la sua reazione a un criptico post su Truth: “Cos’è questa storia della Russia che viola lo spazio aereo polacco con i droni? Eccoci qua!”.
Una frase che è apparsa fuori contesto, non molto logica e soprattutto in ritardo. In serata Trump ha parlato al telefono con Nawrocki. I dettagli del loro colloquio non sono stati resi noti.
E la Russia? Già in mattinata l’incaricato d’affari russo a Varsavia, Andrei Ordash era stato convocato al ministero degli Esteri per chiarimenti. Ordash ha negato il coinvolgimento russo nell’accaduto.
Tra le sfere più alte il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dapprima evitato di commentare salvo poi affermare che “le accuse dell'Unione Europea e della NATO su presunte provocazioni russe si verificano quotidianamente”. Il Ministero della Difesa ha negato il coinvolgimento della Russia, dichiarando che non c’erano obiettivi sul territorio polacco, che la gittata massima dei droni utilizzati in Ucraina non supera i 700 km (nda. forse dimenticandosi che Polonia confina direttamente con Russia e Bielorussia) e dichiarandosi disponibile a consultazioni con le autorità polacche sull’argomento.
Vladimir Putin non ha commentato.
Perché la Russia
Parallelamente ha iniziato a muoversi la macchina della disinformazione filoputiniana, che ha puntato il dito contro l’Ucraina. In questo ambito la teoria più caldeggiata vedrebbe Kyiv aver organizzato una false flag per incolpare i russi e innescare un coinvolgimento diretto della NATO.
La propaganda del Cremlino ama navigare nel mare del plausibile, ma in questo caso l’esercizio appare arduo. Dando per vero tale scenario l’Ucraina si sarebbe assunta un rischio enorme dal momento che tracciare l’origine di un drone non è cosa troppo complicata. Inoltre, un eventuale smascheramento le alienerebbe come minimo la protezione della Polonia, hub logistico militare fondamentale per la sua difesa.
La seconda osservazione che viene fatta da chi non crede a una responsabilità diretta di Mosca segue un percorso analogo: quale interesse avrebbe la Russia a innescare un conflitto militare aperto con l’occidente?
Qui è utile innanzitutto fornire un minimo di contesto.
Nelle ultime tre settimane nelle campagne polacche erano già caduti tre droni. Nella notte tra il 19 e il 20 agosto un drone Geran era caduto in un campo di mais nel villaggio di Osiny a circa un centinaio di km da Varsavia. Il velivolo era dotato di carica esplosiva e la sua deflagrazione al suolo ha infranto i vetri delle finestre nel raggio di 500 metri. Dopo averne analizzato i detriti, le autorità polacche ne avevano stabilito l’origine russa. Storia analoga per gli altri due oggetti, meno sofisticati e più simili a quelli utilizzati la scorsa notte.
In un altro caso era stato segnalato lo sconfinamento di alcuni droni nello spazio aereo polacco da cui però poi erano usciti. Anche in questo caso la Russia aveva negato il coinvolgimento, ma è un fatto che l’attività indesiderata già da un po’.
La storia degli sconfinamenti non si limita ovviamente ai droni.
Il 16 novembre 2022 due persone furono uccise nel piccolo villaggio di frontiera di Przewodów. Negli stessi istanti su tutta l’Ucraina era in corso un massiccio attacco missilistico. Dall’altra parte del mondo si stava svolgendo il G20 di Bali e si temette seriamente di trovarsi sull’orlo di un conflitto diretto tra Russia e NATO. Furono ore di apprensione, finché la responsabilità venne attribuita a un missile della contraerea ucraina fuori traiettoria finito sul capannone agricolo in cui si trovavano le due vittime. Curioso come la ricostruzione di quell’incidente sia l’unica riconosciuta per vera anche dalla Russia e dalla propaganda putiniana.
Meno nota la storia di un altro missile che giusto un mese più tardi varcò il confine polacco e sorvolò mezzo paese prima di schiantarsi in una foresta nei pressi della città di Bydgoszcz. I retroscena di quella storia non sono ancora del tutto chiari ed è ancora in corso un’inchiesta della procura. Secondo le ricostruzioni l’esercito era a conoscenza dell’accaduto ma non riuscì a individuare i resti del missile. A farlo fu, del tutto casualmente, un escursionista a cavallo qualche mese più tardi. In quel caso la responsabilità dell’ordigno è stata attribuita alla Russia, ma il tardivo ritrovamente ha impedito qualsiasi azione o recriminazione.
In almeno altri due casi dei missili destinati all’Ucraina sarebbero entrati nello spazio aereo polacco e poi sarebbero usciti.
Il ruolo della Bielorussia
Un aspetto interessante di quanto accaduto nella notte tra il 9 e il 10 settembre è il ruolo delle autorità di Mińsk che hanno avvisato la Polonia dell’ingresso imminente di un certo numero di droni nel suo territorio.
Il generale Wiesław Kukuła, capo di Stato Maggiore delle Forze Armate polacche, ha confermato che l’avviso è stato utile ma anche in qualche modo sorprendente considerando i rapporti che intercorrono tra i due paesi. Qualcuno ha considerato questo atteggiamento come una prova dell’estraneità della Bielorussia – che è de facto unita militarmente alla Russia – riguardo all’accaduto.
Tuttavia, un’altra chiave di lettura secondo cui non c’era la volontà di creare veri danni ma solo di mettere sotto pressione l’avversario renderebbe coerente l’idea di avvisare la Polonia in modo da neutralizzare i droni.
L’idea della provocazione assume dei contorni più concreti nel quadro di crescente tensione dovuta agli Zapad esercitazioni militari russo – bielorusse in corso dal 12 al 16 settembre per cui si stima la partecipazione tra i 30mila e i 40mila soldati. A fare da contraltare la NATO risponderà con le esercitazioni denominate Iron Defender 25 con un contingente numericamente simile.
Il giorno prima dell’“incidente dei droni” Tusk aveva annunciato la chiusura completa del confine con la Bielorussia, compresi i collegamenti ferroviari, finché la situazione non sarebbe stata di completa sicurezza per la Polonia. Si ritiene che tra le varie simulazioni in programma da parte dei militari russi e bielorussi ci sia anche la presa del corridoio di Suwałki, la striscia di terra che separa la Bielorussia dall’oblast di Kaliningrad, considerato il ventre molle della NATO. Una sua presa, taglierebbe fuori i paesi baltici dal resto dell’Alleanza.
Le relazioni con il regime di Mińsk sono state esacerbate anche da un’escalation della “guerra di spie”. La settimana scorsa le autorità bielorusse hanno arrestato un religioso polacco, accusandolo di avere con sé documenti segreti relativi proprio agli Zapad.
Lunedì un cittadino bielorusso è stato arrestato dai servizi segreti polacchi, in collaborazione con quelli cechi, romeni e moldavi, con l'accusa di spionaggio,mentre un membro del corpo diplomatico bielorusso è dichiarato "persona non grata".
Il ruolo degli Stati Uniti
Eppure tutto questo forse non basterebbe a spiegare una provocazione di tale portata se non tenessimo in considerazione quanto accaduto nell’ultimo mese e il ruolo fondamentale degli Stati Uniti nella regione.
Il 3 settembre il nazional conservatore Karol Nawrocki si è recato in visita ufficiale negli Stati Uniti. Uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale che lo ha portato a vincere le presidenziali non più tardi di tre mesi fa, è stata proprio la vicinanza ideologica con Trump. Nawrocki è considerato un trumpiano di ferro, e secondo questa idea la sua elezione avrebbe dovuto portare maggiore sicurezza per il paese.
Il neo presidente è stato in effetti accolto alla Casa Bianca con tutti gli onori e in quell’occasione Trump ha garantito alla Polonia amicizia, presenza e protezione. La voce degli Stati Uniti è apparsa però ieri più lontana e debole che mai. Sarà forse un caso (oppure no) che a intervenire militarmente per difendere i cieli polacchi siano stati gli alleati europei, non quelli a stelle e strisce.
L’horror vacui americano di fronte a un potenziale allargamento del conflitto è uno dei maggiori fattori di destabilizzazione della regione. Neanche un mese fa Trump accoglieva Putin con il tappeto rosso in Alaska. Ogni tentativo di riuscire a far cessare le ostilità in Ucraina è naufragato ancora prima di avere una parvenza di possibilità.
Qualche settimana più tardi lo stesso Putin marciava sorridente a Pechino a fianco di Xi Jinping, Kim Jong-un e altri autocrati, tutta quella parte di mondo che vuole ristabilire un nuovo ordine mondiale. Questo per Trump è stato un po' uno smacco.
L’impressione è che gli Stati Uniti non abbiano non solo idea di come risolvere la questione ucraina, ma non saprebbero nemmeno dove mettere le mani se un giorno Putin decidesse di azzardare qualcosa di più. E questo droni o non droni, è il pericolo più grande.
Immagine in anteprima: frame video NBC News via YouTube