É stata una settimana di fuoco per quel variegato ‘campo di pace’ Israelo-Palestinese che più che mai in queste ore sta intensificando ogni genere di mobilitazione per scongiurare l’annunciata occupazione di Gaza City, che significherebbe la morte certa di quei pochi ostaggi rimasti vivi, oltre alla perdita di chissà quanti soldati, oltre all’aggravarsi per la popolazione di Gaza di una crisi umanitaria già da tempo disperante.
Nonostante il caldo, le manganellate, i manifestanti portati via di peso, il clima ormai da resa dei conti su tutti i fronti, il movimento pacifista che sta facendo cerchio intorno alle famiglie degli ostaggi, non si è fermato un solo giorno e alla grande mobilitazione di Tel Aviv dello scorso week end sono seguite (giusto per ricapitolare):
– un sit in a oltranza, promosso dalla coalizione It’s Time (la stessa che aveva convocato il Peace Summit di Gerusalemme l’8/9 maggio scorso), con bel programma di interventi, tavole rotonde, momenti di riflessione;
– un paio di clamorose irruzioni di disturbo, performate con il solito tempismo dai ragazzi di Standing Together: la prima negli studi televisivi de Il Grande Fratello (trasmessa quindi in diretta), e un paio di giorno dopo tutti in sit in all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, azioni entrambe riuscitissime e iper-virali sui social;
– mercoledì pomeriggio, (per niente scontata, anzi importantissima) c’è stata la piazza dei piloti e riservisti in generale: in centinaia di fronte al quartier generale dell’IDF a Tel Aviv, per dire “basta con questa assurda guerra, sì ai negoziati per il ritorno degli ostaggi, non ci sarà pace senza giustizia, mettiamo fine all’occupazione” e a dirlo forte e chiaro, sono stati alcuni ben noti colonnelli e generali;
– e molto molto significativa è stata una bella mobilitazione di donne, lungo il confine con la striscia di Gaza, che per tutta la settimana ha visto in convergenza un buon numero di storici movimenti femminili, e ha segnalato (tra l’altro) il ritorno sulla scena del Movimento delle Quattro Madri, che nel 2000, dopo anni di inconcludente (oltre che sanguinosa) guerra in Libano, contribuì in modo rilevante alla decisione di mettere fine alle ostilità, dopo una campagna tutta giocata sull’importanza della vita e sulla responsabilità nei confronti delle giovani generazioni, che riuscì a guadagnare enorme spazio nei cuori degli israeliani.
Un tema anzi un sentimento più che mai presente in questi giorni, con l’ansietà per la sorte degli ostaggi che è tornata a monopolizzare il dibattito pubblico. Con il video recentemente diffuso da Hamas del giovane Evyatar David ridotto a pelle ed ossa, mentre in un cunicolo è intento a scavarsi la fossa. Con il movimento dei “genitori in lutto”, insieme alle “madri e padri degli ostaggi”, che accusano Netanyahu e la sua cricca di voler proseguire a tutti i costi in questa guerra per obiettivi personal/affaristici, che nulla hanno a che vedere con la sicurezza del paese, e men che meno degli ostaggi.
Particolarmente instancabile, intervistata, virale sui social, una donnina scura e minuta che risponde al nome di Einav Zangakuer, madre di Mathan: perfetta personificazione della Madre Addolorata ma Guerriera: che non esita ad appellarsi a Trump in persona, che anche dopo 22 mesi non si è rassegnata all’idea di perdere il figlio amatissimo – e all’indirizzo di Netanyahu, subito dopo l’annuncio di quello scellerato piano di occupazione che significherebbe (tra tante altre sciagure) il sacrificio degli ostaggi, non ha esitato a dire: “vi inseguiremo ovunque, non pensate di farla franca, vi inseguiremo ovunque penserete di essere al sicuro”, applauditissima.
Ed è stata proprio intorno alla figura di Einav, con tutte le cicatrici e i significati di collettiva sofferenza che lei impersona, che si è ricompattata “una vasta coalizione di madri e di donne, composta da quindici organizzazioni femminili tra cui Madri in Prima Linea, Donne contro la Violenza, Donne che fanno la Pace, Costruttrici di Alternativa,” così elencava ieri la scrittrice Manuela Dviri su “Il Fatto Quotidiano”, descrivendole in agitazione in vari punti sui confini con Gaza, fin dallo scorso 10 agosto!
Un gruppo di loro, guidata da una certa Ayelet Hashahar, avrebbe persino oltrepassato il varco di una postazione militare dell’IDF, che sarebbe off limits: per cui, ecco l’immediato intervento della polizia. “Non permetteremo che la guerra continui”, pare che abbiano detto prima di essere portate via di peso, ricevendo in cambio un bell’applauso, e persino la visita di alcuni militari il giorno dopo, per salutare scambio di opinioni: quando le madri si mobilitano…
Ma la giornatona davvero importante sarà domani, 17 agosto, per uno sciopero generale convocato da giorni dalle famiglie degli ostaggi, e talmente pubblicizzato ovunque, sui media, sui social, con manifesti stickers e volantini, che nonostante la non-adesione di Histradrut (la Federazione Sindacale Israeliana) ha già registrato centinaia di adesioni in tutto il paese, tra Università, Sinagoghe, Associazioni di categoria, Uffici amministrativi: in rete circola l’elenco in continuo aggiornamento, oltre alla mappa delle manifestazioni previste. Riusciranno Netanyahu e la sua cricca a ignorare anche questa volta una simile moltitudine di piazze?
“Il momento di agire è ora! Mobilitiamoci in tanti, per sostenere le famiglie degli ostaggi, per sostenere anche le famiglie dei soldati, per contribuire tutt* insieme a un ben diverso futuro per lo stato di Israele” si legge nel volantino di convocazione. It’is time!