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Intervista al sociologo Gianni Piazza: “Chiediamo posizione netta di UniCt su genocidio a Gaza”

Trecento docenti dell’Università di Catania hanno presentato una lettera aperta indirizzata al Rettore eletto Enrico Foti, al Senato Accademico e al Consiglio di Amministrazione, per chiedere che l’Ateneo una posizione chiara e risoluta di sostegno al popolo palestinese e di condanna al genocidio in corso a Gaza. In pochissimi giorni l’iniziativa ha già raggiunto quota quattrocento firme: “L’adesione a questa nostra lettera dichiarazione sta aumentando di giorno in giorno io credo che continuerà ancora almeno fino al prossimo senato accademico quando la presenteremo”, ha dichiarato il dottor Gianni Piazza, docente del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’ateneo catanese_

 

Come è nata questa iniziativa?

Già un anno fa, assieme a un gruppo di docenti, avevamo inviato una prima lettera al Senato accademico e al Rettore uscente, con la richiesta di prendere posizione su ciò che stava accadendo. Sostenevamo più o meno le stesse cose di adesso. Non ebbe però un grande successo, sia come numero di firmatari, sia come risposta – molto ambigua – da parte del Senato. Questa estate, visto anche l’aggravarsi sempre più della situazione, abbiamo deciso come Osservatorio su Guerra, Informazione, Ambiente e Diseguaglianze, un gruppo di docenti che si è costituito informalmente da alcuni mesi e già svolto delle iniziative, di riproporre una lettera appello.

Questa volta però l’elaborazione e poi la diffusione della nostra lettera-appello ha innescato un meccanismo di mobilitazione tra i colleghi, soprattutto i docenti, ma anche i ricercatori, il personale, senza precedenti. Se prima era l’iniziativa di un piccolo gruppo di docenti, adesso sta avendo una diffusione di massa, probabilmente appunto dovuta all’aggravarsi e al radicalizzarsi sempre più della tragedia a Gaza e della situazione internazionale. 

 

Si chiede al Senato accademico e a tutte le istituzioni dell’università di prendere una posizione. Quale obiettivo volete raggiungere concretamente? 

Innanzitutto chiediamo una presa di posizione netta e senza ambiguità: si deve condannare il genocidio in corso. Ormai il tempo dei distinguo e delle incertezze è finito. È finito per l’aggravarsi sempre più della situazione, per tutto quello che sta accadendo a Gaza. In particolare nel documento abbiamo sottolineato quello che è stato definito lo scolasticidio, la distruzione di scuole, università, l’uccisione di colleghi, di studenti, una cosa veramente senza precedenti. Davanti a ciò l’istituzione accademica deve esprimere una posizione di condanna chiara e netta. 

Tuttavia non è sufficiente. Chiediamo il boicottaggio, l’interruzione degli accordi presenti e futuri con le università e le aziende israeliane, sia quelle presenti nei territori occupati e sia quelle che alimentano la macchina bellica.  Chiediamo la sospensione degli accordi anche confronti di quelle aziende italiane ed estere che producono dichiaratamente delle tecnologie belliche o dual use e che vendono armi a Israele, rendendosi quindi complici del genocidio in atto. 

A Catania in particolare chiediamo la sospensione degli accordi con la Leonardo S.P.A. che è direttamente coinvolta. 

Poi chiediamo il sostegno e l’ampliamento delle borse di studio per studenti e studentesse palestinesi. E abbiamo già ottenuto un risultato. Nei giorni scorsi le istituzioni accademiche hanno deciso di ampliare le borse di studio per quegli studenti palestinesi che avevano vinto il bando IUPALS. Per Catania ce n’erano soltanto tre adesso sono diventati diciannove. 

Infine, l’ultima cosa che abbiamo chiesto, quella più simbolica, è di istituire un giorno, un momento collettivo di ricordo delle vittime civili di questo massacro, per rendere un po’ giustizia alla memoria dei morti e restituirgli quella dignità che spesso gli manca. Come sappiamo ci sono morti di serie A e morti di serie B. Per tanto tempo i morti palestinesi sono stati morti di serie B e per molti continuano ad esserlo anche oggi. 

In questo momento l’Università di Catania che relazioni ha con gli istituti di ricerca israeliani? 

Ci sono accordi con alcune università, ma apparentemente non riguardano direttamente lo sforzo bellico. Dobbiamo però tener conto che anche le discipline umanistiche, ad esempio la rielaborazione della storia o l’archeologia, possono essere asservite al progetto di annientamento dell’identità palestinese, della loro storia e della loro cultura. Il  genocidio non ha un aspetto prettamente bellico.

Entrando nel particolare, invece, quello che sicuramente è molto evidente è il rapporto che l’università di Catania con la Leonardo S.P.A. che prevalentemente armi. Ha degli accordi molto consistenti con l’università di Catania e sarà sicuramente quello il nodo più difficile da sciogliere, visti gli interessi economici che ci sono.

Noi riteniamo che la questione dell’interruzione degli accordi, quindi del boicottaggio sia accademico che economico di università e aziende, sia il vero il vero nodo perché spesso le parole di condanna delle università non si traducono in azioni. 

Durante l’offensiva militare di Israele su Gaza l’IDF ha colpito in maniera feroce le università, sono state rase al suolo. Evidentemente c’è un progetto, quello appunto distruggere una classe dirigente palestinese, quindi di togliere il futuro ai giovani palestinesi. Questo fa parte di quello che è stato definito scolasticidio. In generale negli ambienti accademici italiani, siciliani che sensibilità c’è stata nei confronti di questo fenomeno?

Per lungo tempo c’è stato anche un clima molto pesante nei confronti di chi sin dall’inizio ha alzato la voce a sostegno del popolo palestinese. Quando noi – e anche tanti altri colleghi in giro per l’Italia – abbiamo cominciato a contestare le politiche genocidarie di Israele e chiedere all’università di schierarsi, lo abbiamo fatto in maniera abbastanza isolata. 

Venivamo tacciati in maniera del tutto strumentale di essere antisemiti. Le iniziative di solidarietà erano ostacolate.  

C’erano gli studenti però che protestavano, facevano le accampate ed erano loro l’anima della contestazione e della protesta all’interno delle università. Nel corso del tempo, ma soprattutto in quest’ultimo anno, la sensibilità da parte del mondo accademico è aumentata tantissimo (per lo più dalla base, un po’ meno dalle autorità accademiche). 

Ci sono state delle prese di posizione all’Università per Stranieri di Siena a giugno, quella di Padova, del Salento e di Pisa a luglio, quella di Bologna, la Sapienza, la Scuola Normale Superiore di Pisa, l’Università di Bari e recentemente anche il Politecnico di Milano. L’Alma Mater di Bologna ha emesso un comunicato di sostegno alla Global Sumud Flottilla.

La società intera si sta mobilitando. Il tre settembre a Catania sono scese in piazza circa 15.000 persone, numeri che nella nostra città non si vedevano da tantissimo tempo. Quindi c’è anche un sostegno e una diffusione della sensibilità tra i cittadini. Il nostro contributo si inserisce all’interno di questo contesto: l’università non deve mai essere scollegata e separata dal resto della società, deve essere inserita all’interno del suo tessuto. 

A questo punto il nuovo rettore, il Senato accademico, non credo che potranno esimersi dal prendere una posizione e dichiarare sostanzialmente da che parte vogliono stare. Noi pensiamo di stare dalla parte giusta della storia, quindi vorremmo che anche la nostra università si schierasse dalla stessa parte. 

 

Clara Statello

Fonte
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