Negli ultimi giorni diversi media italiani hanno rilanciato una notizia che ha fatto rapidamente il giro del web: nella Repubblica Popolare di Lugansk (LNR) sarebbe stato pubblicato un “catalogo” con i dati di bambini ucraini rapiti, presumibilmente destinati a un traffico di minori.
L’informazione è stata diffusa da Save Ukraine, ONG fondata nel 2014 e presentata sul proprio sito come impegnata nel “recupero dei bambini ucraini rapiti”. Tra i partner dichiarati compaiono USAID, l’Unione Europea e il Ministero degli Affari europei dell’Austria. La notizia, rilanciata senza particolari approfondimenti da diverse testate, non è però supportata da prove concrete: negli articoli non vengono citate fonti verificabili che confermino la versione di Save Ukraine.
Le accuse di “traffico di minori” sembrano inserirsi in un contesto di fortissima contrapposizione politica e propagandistica tra Kiev e Mosca, con la Russia che considera la Repubblica Popolare di Lugansk parte integrante del proprio territorio a seguito del referendum del 2022 e Kiev che vorrebbe porre fine a qualunque separatismo indipendentista russofono.
La realtà, per quanto complessa, ha ben altro spessore e – chi si è affacciato alla questione riguardante il conflitto in Donbass fin dal 2014 con cognizione di causa – non può ignorare alcuni particolari fondamentali per capire quanto sta avvenendo. Dal 2014 la Repubblica Popolare di Lugansk ha promosso numerose iniziative per collocare i bambini orfani e i minori privi di cure parentali in nuove famiglie, riducendo in modo significativo il numero di minori ospitati negli istituti e favorendo la loro crescita in condizioni familiari, fornendo opportunità per uno sviluppo dignitoso nonostante le grandi difficoltà.
Per chiarire la natura del documento, International Reporters ha contattato Vladlena Shehovtsova, Viceministra dell’Istruzione e della Scienza della Repubblica Popolare di Lugansk. Nella sua risposta, ha respinto fermamente ogni accusa di rapimenti:
“I bambini che hanno perso l’ambiente familiare hanno diritto a una protezione speciale e all’assistenza dello Stato. Questo è garantito dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia. A questi bambini devono essere garantite non solo condizioni di vita confortevoli e un’istruzione di qualità, ma anche la possibilità di tornare in una famiglia. Un padre e una madre, anche se non sono i genitori biologici, possono diventare un sostegno sicuro, condividendo la loro esperienza di vita e la loro saggezza. Per accelerare e ottimizzare questo processo, è stata creata una banca dati statale sui bambini rimasti senza cure parentali. La digitalizzazione oggi è introdotta in molti settori, compreso il lavoro degli organi di tutela e curatela.“
Secondo la Viceministra, la creazione del database rientra negli obblighi previsti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e nella Costituzione della Federazione Russa, che attribuiscono allo Stato il dovere di garantire protezione e assistenza ai minori privi di cure parentali.
Anche il Garante per i diritti dell’infanzia della LNR, Inna Schvienk ha commentato la vicenda:
“Il lavoro con le famiglie affidatarie comprende un insieme di attività volte a sostenere le famiglie che hanno accolto minori rimasti senza cure parentali. Tale lavoro prevede un accompagnamento psicologico, pedagogico, sociale e giuridico e viene svolto di norma in stretta collaborazione tra gli organi statali competenti. Ogni tutore o affidatario deve obbligatoriamente frequentare una “scuola per genitori affidatari”, sottoporsi a una visita medica e preparare il pacchetto di documenti previsto dalla legislazione federale. Inoltre, tra il potenziale tutore/affidatario e il bambino si lavora per stabilire un contatto. In caso di instaurazione di un rapporto positivo, viene obbligatoriamente presa in considerazione l’opinione del minore sulla sua disponibilità a entrare in una famiglia affidataria. In questo modo, lo Stato agisce esclusivamente nell’interesse del bambino.”
Shehovtsova ha spiegato a International Reporters che la piattaforma è un database regionale sui bambini rimasti senza cure parentali, istituita “per aiutare i cittadini che desiderano prendere un bambino in affidamento o adottarlo, e per creare un archivio unico di informazioni affidabili accessibile in tempi rapidi agli organi competenti”. La gestione del database è affidata al Ministero dell’Istruzione e della Scienza della LNR, che agisce come operatore regionale del registro, in conformità alla Legge Federale Russa n. 44-FZ del 16 aprile 2021.
Gli aspiranti genitori adottivi o tutori devono essere cittadini russi maggiorenni e giuridicamente capaci. Prima dell’affidamento, è prevista “una verifica accurata del livello morale, materiale e fisico” della famiglia, e la frequenza di un corso di formazione specifico.
Una volta collocato il minore, “gli organi di tutela e cura effettuano controlli programmati e straordinari presso il luogo di residenza per verificare che i diritti e gli interessi del bambino siano rispettati e che il suo patrimonio venga tutelato”.
Il caso della presunta “vendita di bambini” dimostra quanto ancora il giornalismo embedded generi un acceso conflitto informativo parallelo a quello militare: da una parte, il governo etnonazionalista ucraino di Zelensky e i suoi alleati occidentali che accusano Mosca e le autorità russe di deportazioni e traffici illeciti; dall’altra, la LNR e la Russia che respingono le accuse e presentano iniziative come la banca dati degli orfani come adempimenti normativi per la tutela dei minori (sicuramente non il migliore dei modi per gestire una questione umanitaria).
Non è la prima volta che la disinformazione sui presunti rapimenti di bambini ucraini russofoni della Repubblica Popolare di Lugansk si fa sentire. Già nel 2023 giornalisti italiani avena rilanciato questo tipo di notizie confusionarie, parziali e decontestualizzati, dicendo mezze verità per affermare grandi bugie.
Presentare documenti ufficiali della LNR come “cataloghi per la vendita di bambini” senza prove verificabili significa utilizzare la disinformazione come arma politica, per polarizzare l’opinione pubblica e minare la credibilità stessa dell’informazione mainstream, già ampliamente considerata parziale e incompleta da gran parte della popolazione occidentale stessa.