L’articolo che vi propongo oggi nasce da una conversazione con Giovanna Gagliardi, attivista/militante (come si diceva una volta) di “Un ponte per… “, Ong nata durante la prima guerra in Iraq per dare solidarietà umana e materiale alla martoriata popolazione civile, vittima dei bombardamenti su Baghdad degli USA e dei suoi Stati vassalli.
Ho conosciuto Giovanna nel dicembre scorso a Mikolaïv, vicino alla linea del fronte nella guerra tra Russia e Ucraina, dove stava con un altro volontario di Operazione Colomba, che forma dei veri e propri corpi di pace in zone di conflitto.
Questo articolo ha una curiosa particolarità: come già detto, è scritto grazie a una conversazione tra me, che in questo momento sto a Kiev, in Ucraina e Giovanna, che lunedì scorso era ad Amman, in Giordania, in attesa del volo per la capitale del Libano, Beirut e da lì per una vera e propria “missione di pace” in Siria per conto della sua organizzazione e riguarda un evento avvenuto a New York alla fine di giugno. E’ trascorso un certo tempo, è vero, ma nessuno ne ha parlato ed è importante diffondere l’importante messaggio scaturito dall’incontro.
Il 26 giugno Giovanna Gagliardi ha fatto da moderatrice all’incontro di presentazione della “Dichiarazione dei giovani per la Pace nel Mediterraneo”, nell’ambito di un evento collaterale all’80esima Assemblea Generale dell’ONU a New York. Un evento promosso dalla Delegazione Permanente di Malta e dalla Convenzione per i Diritti nel Mediterraneo, con la co-sponsorizzazione, che ha sostenuto le spese della missione italiana, della Fondazione Sardegna e della Regione Sicilia e con la collaborazione dell’Associazione Ponti non muri.
Erano presenti e parte attiva del progetto delegazioni provenienti da Palestina, Egitto, Tunisia, Marocco, Turchia, Libano, Italia, Spagna, Bosnia, Albania e Malta.
A New York è stata presentata ufficialmente la “Dichiarazione dei giovani per la Pace nel Mediterraneo” elaborata da 250 ragazze e ragazzi di 11 Paesi del Mediterraneo, attraverso una modalità partecipativa on line durata 12 mesi, durante la quale si sono confrontati e confrontate sulle cause delle guerre che hanno insanguinato e che insanguinano il Mediterraneo.
I giovani hanno individuando 11 cause che in modo diverso causano o alimentano i conflitti e 8 richieste urgenti rivolte a tutti gli Stati dell’area.
Come cause vengono individuate: l’occupazione territoriale, la scarsità di risorse, le divisioni etniche e religiose, la violenza, il terrorismo e la proliferazione delle armi, la mancanza di dialogo e cooperazione, le sfide dovute alle disparità economiche, il problema dei rifugiati, il lavoro minorile, il reclutamento dei bambini nelle varie milizie armate, gli ostacoli posti alla libertà di parola e il traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale.
Le ragazze e i ragazzi chiedono ai governi di agire urgentemente per il cessate il fuoco immediato la dove ci sono conflitti in corso e quindi, ovviamente per la fine del genocidio in atto a Gaza, il dialogo politico e la mediazione per trovare soluzioni ai conflitti, la promozione e il coinvolgimento dei giovani nei processi di costruzione della pace, investimenti nello sviluppo sostenibile, il potenziamento della cooperazione regionale, il disarmo e il controllo delle armi, lo sviluppo economico, la riforma democratica delle forze di sicurezza, che devono difendere i diritti umani e non reprimere le sacrosante lotte dei popoli, e in generale la promozione dei diritti umani.
I giovani del Mediterraneo, che hanno partecipato a questo laboratorio di pace e democrazia, hanno dichiarato di volersi impegnare instancabilmente per la Pace, la Solidarietà e la Cooperazione.
Rifiutano di accettare lo status quo di conflitto e divisioni e ribadiscono di voler fare del Mediterraneo una regione di pace, prosperità economica e comprensione reciproca.