Salta al contenuto principale

Un raggio di sole a Kiev

Martedì 19 agosto ho incontrato a Kiev, nella sede della Fondazione Progetto Arca, Sofia Torlontano, ventiseienne di Pescara, responsabile di un progetto della cooperazione italiana.

Sofia si è laureata in Cooperazione internazionale e ha fatto un master sul tema della Risposta umanitaria in emergenza. Ha lavorato nel marketing/fundraising per Save the children, poi ha fatto un tirocinio in Comunicazione alle Nazioni Unite a Copenaghen e la sua prima esperienza sul campo è stata in Kenya con ActionAid Kenya. Ora il suo ruolo è davvero importante: è Project Manager in Ucraina con un progetto della Fondazione Progetto Arca, che ha vinto un bando della Cooperazione Italiana.

Il progetto su cui ha lavorato Sofia e che ha diretto nell’ultima fase si è concluso in questi giorni e riguardava la situazione di emergenza delle persone più fragili. E’ un progetto multisettoriale con interventi a Kiev e focus geografico su Sumy, Kharkiv e Mykolaïv, a ridosso della linea del fronte e con diverse aree di attività:

  • Costruzione di rifugi per le scuole e per gli istituti di formazione professionale. Attività con i bambini.
  • Acquisto di materiali e attrezzature mediche per gli ospedali delle città interessate dal progetto.
  • Distribuzione di cibo, prodotti per l’igiene e stufe elettriche ai civili delle cittadine e dei villaggi a ridosso del fronte e vicini a tal punto che l’insieme dei villaggi della Comunità di Yunakivka, una hromada, nell’oblast (si tratta di nomi di entità territoriali e amministrative) di Sumy, dove Arca stava portando aiuti, è stata da poco occupata dalle armate russe.
  • Installazione di filtri per la purificazione delle acque per renderle potabili, problema serissimo a seguito dei bombardamenti sulle infrastrutture (centrali elettriche, impianti idrici…)
  • Distribuzione di cibo a Kiev a persone senza fissa dimora. Queste esistono in Ucraina, come in Italia e in qualsiasi città del mondo, ma tra loro vi sono tanti sfollati interni che hanno perso tutto e non sono ancora riusciti a integrarsi, trovando un lavoro e una abitazione decente, come invece molti altri sono riusciti a fare avendo maggiori possibilità economiche  professionali. Molti di loro sono scappati prima dell’arrivo dell’Armata Russa dalle regione del Donbass e dalla Crimea, altri dalle città fantasma semidistrutte ed evacuate a ridosso del fronte, oppure dalle città spesso colpite dai droni e anche da missili di vario tipo e potenza. Gran parte degli sfollati interni, che provengono ovviamente dalle regioni orientali, se non la quasi totalità, sono di madrelingua russa o di famiglie linguisticamente russo-ucraine.

Il progetto non è terminato, ma esaurito il supporto italiano proseguirà grazie ai partner locali della Fondazione Progetto Arca e cioè Remar e Hope Ukraine, a cui resterà ad esempio la tensostruttura dove vengono serviti i pasti, montata accanto alla stazione centrale di Kiev.

Il secondo progetto che Sofia dirigerà e che partirà a breve, con focus geografico su Rivne e Kiev, si ripromette di creare opportunità di lavoro a lungo termine, attraverso corsi di formazione professionale e microcredito, ad alcune donne e in particolare a quelle che, dopo anni di guerra al fronte, necessitano di un reinserimento sociale.

Durante la nostra lunga conversazione Sofia mi spiega che sono stato molto fortunato, perché l’ultimo attacco è stato il missile della strage del 31 luglio; dal mio arrivo a Kiev in poi non ci sono stati attacchi di nessun tipo. In effetti alla mia partenza più d’uno mi aveva fatto capire che la situazione di Kiev era molto più pericolosa di quella di Leopoli.

Mi dice che in effetti la situazione è stata per giorni e giorni veramente drammatica, con continue esplosioni che hanno colpito anche zone centrali della città, che mi indica sulla mappa e che proverò a raggiungere perché non sono troppo distanti da dove alloggio.

Per lei, come per tutti gli abitanti di Kiev, ci sono state notti di vera paura, passate insieme ad amici con i sacchi a pelo nei rifugi.

Poi, tra un attacco e l’altro, mazzi di splendidi fiori ricevuti per festeggiare di essere ancora vivi, il lavoro che deve riprendere con il massimo della concentrazione possibile e serate a ballare in luoghi frequentati da tanti giovani e a offerta libera, perché divertirsi è un modo di distrarsi, riprendere energia e resistere.

Mi chiedo e le chiedo se non vi sia ancora il rischio di un’escalation disastrosa, che potrebbe essere addirittura causata dall’incertezza sul fatto che un missile in arrivo sia dotato di un ordigno nucleare.

Sofia mi dice che il problema permane, che del resto lei da anni (mi dice “fin da giovane” e a me viene da ridere perché ha, come ho già detto, venticinque anni e quindi mi vien da pensare “fin da bambina”) è attiva e impegnata a favore del trattato per la messa al bando delle armi nucleari (TPAN), di cui abbiamo parlato tante volte su Pressenza.

Sofia, come tutti del resto quelli con cui ho parlato, è molto scettica sui colloqui di questi giorni in Alaska e a Washington: troppe volte si era ad un passo dalla pace e poi tutto è saltato.

Sono stato fortunato a incontrarla perché l’indomani era in partenza per rientrare, per un paio di settimane di vacanza, nella sua Pescara.

“Vai al mare?” le chiedo.

“A dire il vero vado in montagna in un campo organizzato dalla Croce Rossa… Mi “diverto” così, lì ci saranno i miei amici più cari… Altrimenti restavo qui” mi risponde.

Sofia tornerà dopo le ferie per coordinare il nuovo progetto di sostegno all’imprenditoria femminile.

Questa ragazza, nata nel 1998, attiva sui social, a cui piace andare a ballare e divertirsi con gli amici, non è diversa dai ragazzi della sua generazione, ma come molti di loro vive quotidianamente, come attività professionale, come volontariato o come nel suo caso entrambi le cose, l’impegno a favore di un mondo migliore, diverso, altro.

La mia generazione ha fallito e abbiamo poco da insegnare; possiamo soltanto metterci con grande umiltà al loro servizio, perché se non altro evitino di ripetere i nostri errori.

Loro ci insegnano la concretezza sociale e umana indissolubilmente legata all’impegno politico. Il sorriso con cui mi congeda mi sembra un piccolo raggio di sole che illumina questo mondo “vasto e terribile”.

 

Mauro Carlo Zanella

Fonte
https://www.pressenza.com/it/feed/