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Proposta di pace per l’Ucraina e pensiero nonviolento

“L’origine di tutte le cose buone ha mille forme” (F. Nietzsche). Ovvero elogio della scienza della nonviolenza e constatazione dell’inefficacia della guerra (insensata, gratuita, assassina voluta da tutte le parti coinvolte, comprese le terze parti schierate a favore delle armi.)

Mi pare che gli ultimi giorni provino abbondantemente la correttezza di quanto espresso nella citazione. Infatti, anche da criminali come Trump (e Putin, perché sembra di capire che siamo davanti a quella procedura che in mediazione si chiama “a testo unico”, cioè una bozza di testo elaborato dal mediatore dopo l’incontro con una parte e poi con l’altra che ne propone un eventuale aggiustamento) è potuta venir fuori una proposta di pace equa. Si tenga conto del fatto che l’equità non si misura con la bilancia della giustizia, che a sua volta è spessissimo anche una bilancia truccata e … ingiusta e non un valore in sé, bensì con la soddisfazione delle parti che si vengono reciprocamente incontro.

Zelensky si è mostrato incline, nelle sue dichiarazioni di ieri, ad accettare quella proposta – pur sospendendo il giudizio sulla questione dei territori che, diciamolo chiaro, a questo punto, 1. è secondaria, se pensiamo al fatto che già la Crimea era stata persa dall’Ucraina molto prima di tre anni e mezzo fa; 2. è comprensibile che Putin voglia risolvere non sappiamo bene come ma certamente in qualche modo a suo favore, dato il vantaggio che gli ha fatto acquisire la guerra portata avanti parimenti da lui e dai suoi avversari – in primis Biden e i succubi europei, tutti manipolatori di Zelensky, che a sua volta non mi sembra avere brillato per intelligenza.

L’alternativa sarebbe la continuazione di una guerra che giornalisti a mio parere del tutto faziosi, attestati su un pensiero bellicista (come Federico Fubini e Tonia Mastrobuoni e, ieri sera a “In Onda”, una politologa come Arianna Farinelli, con ‘approvazioni facciali’ di Marianna Aprile – ma ce ne sono molti altri, lo so), dicono che l’Ucraina non sta perdendo, e che sappiamo che intanto provocherebbe senza alcuna probabilità di vittoria finale ancora morti e devastazioni.

Zelensky, dicevo, si è mostrato incline ad accettare queste proposte – e non dovrebbe tornare indietro, a meno che non si faccia ancora manipolare dai governi europei guerrafondai, come prima si faceva manipolare da questi, da Biden e dalla Nato.

Inutile dire che bisogna vedere anche se Putin continuerà a stare alle proposte attuali, che in sostanza sono queste: l’Ucraina accetta di non entrare nella Nato, come dal Presidente russo richiesto fin da prima dell’invasione del 2022, e la Russia accetta la clausola di garanzia della sicurezza dell’Ucraina, consistente in una variazione dell’art. 5 della Nato, per cui ci sarà un intervento armato a difesa dell’Ucraina, nel caso che questa sia di nuovo attaccata, anche senza l’entrata di quest’ultima nel Patto Atlantico. A proposito, i nostri media di guerra non hanno risparmiato fiato nell’interpretare immediatamente la variazione dell’art. 5 nel senso che esso implicherebbe la presenza di forze militari ‘nostre’ sul suolo ucraino: senonché, questo 1. non pare affatto implicito nella proposta originale, 2. sarebbe esattamente, sotto altra forma, ciò che Putin, non voleva quando chiedeva che l’Ucraina non entrasse nella Nato, ovvero truppe non ucraine già schierate davanti a casa sua! Un’interpretazione che potrebbe indurre Putin a non accettare la pace e così giustificare negli europei bellicisti la loro richiesta di continuare la guerra degli ucraini contro di lui “fino alla vittoria”.

Allo stato attuale della faccenda, rilevo soltanto che le proposte di cui sopra (nella forma originale, non nell’interpretazione bellicista europea) sono pienamente in linea con il pensiero della nonviolenza. Sia chiaro: non credo che siano nate dalla conoscenza diretta del pensiero nonviolento. Ipotizzo che possano rifarsi a studiosi, che invece credo che il pensiero della nonviolenza lo conoscano anche se non lo abbracciano nella sua interezza. Mi riferisco, in particolare, a studiosi come Roger Fisher e William Ury, autori dell’ottimo libro L’arte del negoziato (tr. it. Mondadori, Milano 1995), che nel 1978-79 furono consulenti di Jimmy Carter, mediatore nelle trattative di Camp David tra Egitto ed Israele, che in tredici giorni riuscì ad evitare la guerra che stava scoppiando, e che sicuramente sono noti ai diplomatici esperti di mediazione. È un libro la cui lettura mi permetto di suggerire, purché, una volta letto, non si trascurino altri testi scientifici nonviolenti che aggiungono molto altro[1].

Gli elementi di confluenza tra scienza della gestione nonviolenta dei conflitti, studio di Fisher e Ury appena citato e pensiero chiaramente sottostante alle proposte di pace sul tavolo odierno sono i seguenti due (Ury e Fisher ne presentano anche altri tre, la nonviolenza diversi altri, ma non è possibile qui dire di più: chi vuole può leggere, per cominciare, i testi già indicati):

  1. distinzione tra persona e azione, per cui il mediatore accoglie benevolmente entrambe le parti in conflitto, rinunciando al moralismo inutile e presuntuoso tipico delle terze parti che si sono schierate unilateralmente e hanno favorito così il contrario di ciò che è utile all’intesa, cioè la polarizzazione – i social ne pullulano etichettando la cosa, presuntuosamente, come “giustizia” come se avessero in mano una bilancia, piuttosto che adoperarsi per l’incontro tra le parti (a Trump, dopo l’orribile trattamento da lui riservato a Zelensky nel primo ‘incontro’, qualcuno deve averlo spiegato ed egli è riuscito, almeno in questo momento, a regolare in questo senso la sua condotta);
  2. attenzione rivolta ai “bisogni” (le loro concrete esigenze) delle parti, al di là delle “posizioni” che esprimono (la soluzione che ciascuna di esse richiedeva, senza tener conto delle esigenze dell’altra).

Un particolare: evidentemente su consiglio di qualche esperto diplomatico, qualche giorno fa Trump ha fatto consegnare dalla moglie Melania a Putin una lettera in cui questa chiede al Presidente russo la restituzione dei bambini ucraini rapiti. L’intervento mediatore non ufficiale e affidato alla donna (potente) cui non sarebbe bello negare una ‘gentilezza’ rientra nella migliore tradizione della mediazione. Infatti, non solo Gandhi chiamava in causa le donne come adatte a tale ruolo, ma già gli antichi greci avevano praticato questa tecnica nonviolenta: per esempio, tale ruolo era stato svolto, anche se in modo diverso, da Damarete, moglie di Gelone, che aveva chiesto al marito clemenza per i cartaginesi vinti (480 a.C.), e ancor prima, nella seconda metà del VII sec. a.C., le mogli degli arconti intercedettero presso i loro mariti per quelli che avevano partecipato alla congiura di Cilone e che per questo erano stati condannati a morte.

Torniamo alla mediazione in corso a Washington. Dopo centinaia e centinaia di migliaia di morti militari e civili, mutilati, profughi, dopo sofferenze di massa, devastazioni di città, distruzione dell’ambiente e inquinamento, dopo la costruzione dell’odio tra due popoli che chissà quando cesserà, si giunge all’ipotesi, che in questo momento sembrerebbe accettata sia dalla Russia sia dall’Ucraina, di tutto quello che era raggiungibile già settimane prima del 24 febbraio 2022, con nessunissima vittima e con i territori ucraini tutti mantenuti, e che qualsiasi amante della pace e anche solo non pienamente succube della cultura di guerra dominante presso i governi e i loro media (quasi tutti) sapeva: era sufficiente che l’Ucraina rinunciasse ad entrare nella Nato e cercare una salvaguardia anche per essa.

Quello proposto non è il miglior accordo possibile in assoluto; manca, in un’ottica nonviolenta, una serie di misure indispensabile per un efficace peacemaking e peacebuilding dopo l’interruzione della guerra, “cioè sostanzialmente, manca di mediazione, aiuto umanitario, rafforzamento della fiducia tra i belligeranti e disarmo, stabilizzazione di legami economici e politici, informazione e creazione di programmi d’istruzione comunitaria”[2]. E’ questa aggiunta che farebbe veramente la differenza.

P.S. 1.:

Ultimi personaggi faziosi del giorno (oltre ai giornalisti e alle giornaliste che hanno fatto costantemente, e continuano a fare, propaganda di guerra): Giorgia Meloni e gli europei che hanno fomentato la guerra per tre anni e mezzo, laddove tutto ciò che al momento sappiamo sulle proposte di pace era fattibile già prima del 24 febbraio 2022, e che oggi dicono: “Visto a cosa stiamo costringendo Putin grazie al fatto che abbiamo messo in grado l’Ucraina di resistere con le armi?” (!).

P.S. 2.:

Ultime facce da funerale: quelle di Marianna Aprile e Luca Telese a “In Onda” di ieri sera, che non hanno trovato di meglio che rimarcare per tutta la serata dettagli insignificanti sulle battute di Trump e altre sciocchezze per non dovere ammettere che la cosa più sensata è venuta fuori da Trump e da Putin e che la loro (di Aprile e Telese) visione guerrafondaia di questi anni si è mostrata palesemente tale.

[1] In particolare, almeno: G. Sharp, Verso un’Europa inconquistabile”, tr. it. EGA, Torino 1989, J. Galtung, Ci sono alternative! Quattro strade per la sicurezza, tr. it. EGA, Torino 1986, e, dello stesso Galtung, Pace con mezzi pacifici, tr. it. Esperia, Milano 2000; mi permetterei anche il rinvio al mio Conflittualità nonviolenta. Filosofia e pratiche di lotta comunicativa, Mimesis, Milano 2004, purtroppo esaurito e rintracciabile solo nelle biblioteche; di carattere introduttivo alla gestione nonviolenta dei conflitti è A. Cozzo, La nonviolenza oltre i pregiudizi. Cose da sapere prima di condividerla o rifiutarla, in collab. con A. Cavadi e M. D’Asaro, DG, Trapani 2022.

[2] Andrea Cozzo, La nonviolenza oltre i pregiudizi, op. cit., pp. 35-36.

Redazione Italia

Fonte
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